ANTONIO BARBERINI (1655-1661)

Appartenente ad una nobile famiglia fiorentina, il Moroni e l’Archivio della cattedrale lo fanno nascere nel 1607 (il Grandi nel 1601), a Firenze. Fu nipote di Urbano VIII (1623-44). Il Grandi riporta anche che fu creato cardinale diacono di S. Maria in Aquiro, il 30 agosto 1627, e Catanzaro-Glicora sostengono che a 26 anni i fratelli Francesco e Antonio Barberini, il Giovane, proprio questo di cui si parla, furono elevati alla porpora. Da tener presente che Carlo Barberini, loro zio fu nominato Governatore del Vaticano. Il nipote Taddeo ebbe il principato di Palestrina, acquistatogli dal nonno Bonifacio VIII. Antonio fu arciprete della basilica di S. Giovanni in Laterano, Prefetto di Signatura, comandante supremo delle truppe pontificie, Segretario dei Brevi e Protettore del regno di Francia. L’Enciclopedia Cattolica ci da altre notizie. Innanzitutto lo fa figlio di Carlo, fratello di Urbano VIII, anche essa lo fa nascere nel 1607 e scrive che era cavaliere Gerosolimitano ed aiutante del padre, Generale della Chiesa. Abbracciò la vita ecclesiastica e a soli 20 anni (e non a 26) fu creato cardinale e nominato abate delle Tre Fontane, di Nonantola e arciprete di S. Maria Maggiore. Nella battaglia di Castro si distinse talmente, che fu promosso, come dice il Grandi, comandante in capo dell’esercito della Chiesa. Generoso verso i letterati e artisti, tentò egli stesso la poesia. Dal 1638 fu camerlengo della chiesa. Nella guerra del Monferrato fu investito di una delicata missione presso il Savoia, ottenendo favorevole soluzione. Il Re di Francia, Luigi XIII o XIV, per completare gli incarichi, lo nominò suo grande elemosiniere e, nel 1652, vescovo di Poitiers e poi, nel 1657, vescovo di Rheims. Eletto Papa il Pamphili, con il nome di Innocenzo X (1644-55), procedette contro la famiglia Barberini in quanto i suoi componenti, sotto Urbano VIII, si erano arricchiti in modo scandaloso e avevano oppresso, con forti spese, la vita del popolo romano. «Quello che non fecero i barbari lo fecero i Barberini» andava dicendo il popolo romano per stigmatizzare le appropriazioni indebite di questa famiglia. I Barberini, vista la mal parata, ripiegarono per ospitalità e protezione in Francia e il card. Mazzarino fu pronto a concederla. Ebbe dal re Luigi XIV l’ordine dello Spirito Santo. Innocenzo X, però, onde non subire la rappresaglia della Francia sul clero cattolico francese, sia pur di malavoglia, dovette riammetterli. Antonio, tornato in patria si riconciliò con il Papa, riconquistò il suo ascendente sulla corte papale e le antiche dignità. L’11 ottobre 1655 occupò la sede vescovile di Frascati. Dopo circa 30 anni il Barberini celebrò il Sinodo diocesano, i cui decreti furono stampati in un libro con il titolo «Il Concilio Tuscolano celebrato sotto il card. Antonio Barberini, vescovo Tuscolano». Ed Bononiae, 1658. Il 21 novembre 1661 il Barberini optò per la Chiesa prenestina. Il passaggio aveva il suo scopo, in quanto il fratello aveva acquistato dalla famiglia Calvema, per 750.000 scudi romani la città di Palestrina. Durante il suo vescovato a Frascati egli restaurò la chiesa cattedrale dalle fondamenta, dandole una forma più consona e arricchendola di suppellettili. Fece donazione di un barile di vino al mese ed un rubbio di grano l’anno (in caso di carestia due rubbi di grano) alla chiesa dei frati minori. Ebbe le Legazioni di Avignone, Bologna, Ferrara e del ducato d’Urbino, di cui prese possesso in nome del Papa. Morì in villeggiatura a Nemi il 3 agosto 1671. In un primo tempo fu sepolto nella cattedrale di Palestrina poi, dal fratello Francesco, venne fatto trasportare nella chiesa di S. Rosalia. L’Oldoino ne parla nell’anno 1623