DOMENICO PINELLI (1603-1605)

Nacque a Genova nel 1551 (il Moroni dice 1541) da una famiglia patrizia genovese. Fu uomo colto in giurisprudenza. Venne ammesso nel Collegio degli Avvocati e passato a Roma, sotto Pio IV (1560-65), fu Referendario di Signatura. Per la sua vasta conoscenza del diritto, per la sua probità e per la sua onestà d’intenti Pio V (1566-72) lo destinò alla riforma dei Tribunali Romani. Assolse con competenza e perizia alcuni incarichi, come quello di dirimere la questione di confini tra Narni e Terni, risolta felicemente, tanto che Gregorio XIII (1572-85) lo nominò principe e lo creò vescovo di Fermo. Qui si mostrò generoso e amoroso con gli orfani, le vedove, i miserabili. Dopo sette anni per 40.000 scudi acquistò un Chiericato di Camera e da Sisto V (1585-90) fu inviato nunzio in Spagna. In seguito assolse altri incarichi delicati in modo egregio, tanto che nel 1585 fu creato cardinale prete di S. Lorenzo e poi arciprete di S. Maria Maggiore. Fu anche Prefetto della Consulta e delle Galere Pontificie. In quegli anni lo Stato Pontificio, in modo particolare l’Emilia, era infestata da ladri, assassini, banditi e da meretrici. Sisto V volle porvi riparo e mandò il Pinelli come legato a latere in Emilia, con il compito di ripulire e bonificare tutta la zona. Il Pinelli dette prova di abilità, tanto da osare di opporsi con successo al famigerato e crudele conte Pepoli, che poi fu giustiziato a Bologna. In breve l’Emilia riottenne la sua pace e tranquillità. Acquistò per 50.000 scudi la carica di Sostituto Camerlengo dal card. Cornaro. Fu a capo di altre legazioni e condusse a termine, sempre con sagacia ed intelligenza, gli incarichi affidatigli. Nel 1600 aprì e chiuse la Porta Santa al Giubileo. Fu protettore dei Carmelitani e Certosini. Ebbe il vescovato di Sabina e nel 1603 la sede di Frascati. L’archivio della cattedrale riporta che dopo Fermo fu cardinale di Albano. Nel 1605 passò alla chiesa di Porto e, divenuto decano del Sacro Collegio, andò alla sede di Ostia e Velletri. Fu uomo integerrimo, ma piuttosto avaro, tanto che i suoi eredi alla sua morte non credevano ai propri occhi nel constatare l’entità del patrimonio lasciato, compresi alcuni feudi nel regno di Napoli. Morì nel 1611, all’età di 70 anni e fu tumulato in S. Maria Maggiore davanti all’altare della Confessione. L’Oldoino ne parla all’anno 1585.