EMANUELE DE GREGORIO (1829-1837)

Nacque in mare il 28 dicembre 1758 (l’Enc. Cattolica scrive il 18-12-1758) in quanto la madre partorì mentre era in viaggio verso la Spagna al seguito di Carlo III. L’atto di nascita venne trascritto a Napoli. Il padre era Leopoldo de Gregorio marchese di Squillace o principe di S. Elia. Emanuele all’età di sette anni fu mandato al nobile collegio Clementino di Roma. Prese amore e passione per le lettere, le scienze e per la pietà. Fu cameriere segreto di Pio VI (1775-99). Nel 1780 fu nominato arciprete di S. Giovanni in Laterano e divenne vicario del cardinal Rezzonico. Nel 1785 divenne luogotenente civile del tribunale del Vicariato. Pio VI gli affidò la vigilanza dei politici e si fece molto onore per le scoperte che fece. Nel 1798, al tempo della Repubblica Romana, venne incarcerato con Pio VI, ma fu liberato dietro versamento di una cauzione di 4.000 scudi. Ben altro era il disegno del generalissimo francese Dallemagne e del governo repubblicano. Essi lo volevano creare antipapa per opporlo a Pio VI. Egli fuggì e si portò a Siena dal Papa per protestargli la sua fedeltà, e per ragguagliarlo di quanto si stava tramando contro di lui. Il nuovo Papa, Pio VII (1800-23), lo propose alla carica di Segretario della Congregazione del Concilio. Fu Pro-nunzio apostolico presso Ludovico Borbone, re d’Etruria. Incarcerato Pio VII ed esule il card. Di Pietro, il de Gregorio esercitò il delicato incarico di delegato apostolico di Pio VII. Gli fu intimato di recarsi a Parigi, ove, il 1811, fu arrestato e trattenuto in cattività fino al 1814. Liberato, si fermò ancora in Francia per cercare di recuperare i tesori vaticani rapiti dai francesi. Nel 1816 fu creato cardinale dell’ordine dei preti con il titolo dei SS. Alessio e Bonifacio. Il 18 maggio 1829, Pio VIII (1829-30) lo creò vescovo suburbicario di Frascati e in seguito il protettore di questa città. Il 9 luglio 1833, il cardinale vescovo, preoccupato del bene spirituale dei Tuscolani, emanò un decreto con il quali si riconobbe l’antica parrocchia di S. Maria in Vivario, da tutti i vescovi chiamata Madonna del Vivaro, immettendovi un parroco, il sac. don Giuseppe dall’Aquila, già beneficiario della cattedrale. Fino a quella data, a curare l’antica cattedrale, c’era stato un cappellano dipendente dall’arciprete di S. Pietro, con il compenso di scudi 18 annui, corrispondenti a 5 bajocchi al giorno, per cui non si trovava mai un povero prete disposto a curare quella chiesa. Dotò la nuova parrocchia di una rendita annua di 266 scudi, (di cui 166 al parroco e 80 al vice-parroco) e di altri frutti e benefici. Concesse al parroco il titolo di canonico onorario della cattedrale e decretò che solo un canonico potesse divenire parroco dell’antica, gloriosa chiesa; avrebbe così mantenuto tutti i privilegi del coro che prima aveva. Fissò i limiti della parrocchia che andava da Porta Granara a Palazzo Senni, a Fontanavecchia fino al confine di Grottaferrata e giù fino al confine con la parrocchia di S. Giovanni in Laterano comprendendo ancora Torre Nova, Lunghezza, Lunghezzina, Villa Taverna, l’Armetta, via S. Flavia Domitilla, via Caetani, piazza Spinetta, via Bambocci, via Marco Antonio Colonna, Porta Granara. Contribuì, nel 1834-1835, con il Comune ed altri benefattori, alla costruzione del muro di cinta della parte dell’orto confinante con l’uliveto dei Sora. Nel 1837 a Roma scoppiò violentissimo il colera che costrinse il Papa ad esigere la vaccinazione dei sudditi. Frascati aprì le porte a quanti fuggirono da Roma e dette loro accoglienza anche sulle prime cose. Il cardinale operò una colletta per provvedere ad elargire qualche sussidio ai più bisognosi dei profughi. Ordinò ai 18 frati residenti nel convento dei Minori che 8 di essi occupassero il 1° piano per assistere i malati, essendo stato il convento requisito per i colpiti dal morbo, e che gli altri 10 andassero ad alloggiare nel Santuario di Capocroce, ove, in quel tempo, abitava un solo teatino. I fuggiaschi raggiunsero, sembra, il numero di 5.000. Le autorità comunali decisero la costruzione di un lazzaretto fuori della città, oltre alle normali prescrizioni igienico-sanitarie. Nelle vicinanze vi seppellirono i morti. La somma raccolta fu di scudi 648 e 45 bajocchi. Nel 1835 fece una visita pastorale nella diocesi. Nella relazione è ripetuto più o meno tutto quello che si legge nelle precedenti. Sono cresciuti gli alunni a 20 e i convittori a 40. Studiano latino, retorica, filosofia, teologia, dogmatica, morale, canto gregoriano. Per la prima volta è riportato che a Grottaferrata la chiesa della Madonna è chiamata di S. Pupa. Morì a Roma il 7 novembre 1839.