GIULIO MARIA DELLA SOMAGLIA (1814-1818)

Nacque a Piacenza il 29 luglio 1744 da nobile famiglia piacentina. Fu battezzato dal card. Alberoni, di cui porta il nome Giulio. Studiò al Nazzareno di Roma. Fu dottore in lettere e in diritto pubblico. Clemente XIV (1769-74) nel suo primo anno di pontificato lo annoverò fra i suoi camerieri segreti e, nel 1773, suo prelato domestico. Nel 1774 ebbe il Segretariato per le Indulgenze e Sacre Reliquie. Pio VI (1775-99) lo nominò Segretario della Congregazione dei Riti, nel 1787 Segretario della Congregazione dei vescovi, l’anno seguente patriarca in partibus di Antiochia e, nel 1795, cardinale dell’ordine dei preti con il titolo di Santa Sabina, che egli poi lasciò per quello di S. Maria sopra Minerva. Fu nominato Vicario di Roma, Prefetto della residenza dei vescovi, del collegio e seminario romano, arciprete di S. Giovanni in Laterano, Segretario del S. Uffizio. Nel febbraio 1798, mentre l’esercito francese marciava verso Roma con il generale Berthier, fu inviato da Pio VI a saggiare gli umori del generale. Comprese che era inutile ogni trattato e al ritorno avvertì i colleghi Braschi e Albani del pericolo di essere arrestati. I due si posero in salvo. Fu arrestato lui e messo in carcere al monastero delle Convertite, poi fu cacciato da Roma. Subito dopo l’elezione di Pio VII (1800-23) il Papa lo inviò a Roma come suo legato a latere con altri due cardinali per prendere il governo della città e lo fece Prefetto della Congregazione dei Riti. Fu chiamato a Parigi da Napoleone ed esiliato a Meziers e poi a Charleville, in quanto definito cardinale «nero», perché si era rifiutato di assistere alle sue seconde nozze. Nel 1814, recuperata la libertà e la porpora, fece ritorno a Roma ed ebbe la nomina di Segretario della Congregazione del S. Uffizio, arciprete di S. Giovanni in Laterano e, il 25 settembre 1814, cardinale vescovo di Frascati. Nel 1816, con corona d’oro e gemme, nella cattedrale di Frascati incoronò l’immagine della Beata Vergine Addolorata. Nel 1817 fece la visita pastorale della diocesi. Nella relazione è posto in evidenza che anticamente i confini erano molto più estesi di quelli attuali. Dichiara la sua soddisfazione per la tenuta delle varie chiese, per l’arredamento e le suppellettili. Constata che benché le rendite del seminario siano in aumento ci sono, però, difficoltà per risolvere i vari problemi. Ha cercato di dare un nuovo assetto alla parte economica ed educativa. Il seminario è frequentato da 49 alunni. E’ soddisfatto degli ordini religiosi e rileva che per tutta la diocesi c’è un unico ospedale la cui amministrazione è condotta dalla confraternita del Gonfalone. Il Monte di Pietà eretto dai suoi predecessori e quello retto dai Benefattori sono ambedue a zero e il cardinale ne sollecita il ripristino. Rileva che a Monteporzio, alle due precedenti confraternite, se ne è aggiunta una terza, quella di S. Antonio. Per Montecompatri osserva che la chiesa parrocchiale ha necessità di riparazioni, come la parrocchiale di Rocca Priora, che però è priva di fondi. A Rocca di Papa constata che la parrocchiale è chiusa perché in pessimo stato. A termine della sua visita il cardinale chiede che i parroci osservino l’obbligo della residenza, tengano in ordine i libri parrocchiali, assistano i moribondi, amministrino i Sacramenti, spieghino il vangelo e insegnino il catechismo. In generale loda le popolazioni perché conducono vita esemplare e danno buon esempio. Lamenta l’eccezione di alcuni che, dediti all’alcool, bestemmiano e rubano. Fu Vice cancelliere di Santa Romana Chiesa. Nel 1818 optò per la Chiesa di Porto. Nel 1820 passò a quella di Ostia e Velletri, in quanto decano del Sacro Collegio. Dal 1818 al 1828, nonostante la sua età, fu Segretario di Stato di Leone XII (1823-29). Morì a Roma il 2 aprile 1830. Nel 1825, con i sovrani di alcune potenze straniere tentò di convincere il Papa a non fare il Giubileo, in quanto tra i pellegrini si temeva l’infiltrazione di rivoluzionari. Per tale ragione fu perquisito ogni pellegrino