In seguito ai decreti imperiali emanati nel 391, con i quali si proibivano i riti pagani, i vecchi templi furono consacrati, dopo aver apportato le opportune modifiche, al culto cristiano. Ciò avvenne al tempio di Giove Laziale a Montecavo e ai templi di Giove Massimo e di Castore e Polluce a Tuscolo e alla Cripta Ferrata (Grottaferrata), ove in quella cella pagana, alla fine del 400 o all’inizio del 500, un certo prete Sarabonus depose una stele dedicata ad un non meglio identificato vescovo Fortunatus. Questo vescovo non poteva essere altro che quello labicano quintanense. Di quella sede ci sono giunti solo frammenti, che attualmente sono nel museo dell’Abbazia di Grottaferrata e che con quasi certezza fanno risalire, la stessa Abbazia, proprio a quel periodo. Il testo completo per merito di Filippo de Ligne, che nel 1592 la lesse e la trascrisse, suona così:
Il Muratori riporta un solo Fortunato, cardinale sotto il pontefice Gregorio, con il titolo presbiteriale dei SS. Quattro Incoronati. Il Lanzoni (Le diocesi d’Italia dalle origini al principio del VII secolo) lo ritiene, invece Vescovo Labicano e così anche il Menisci (S. Maria di Grottaferrata ed. anno 1955, pag. 11).