BERENGARIO STEDELLI O DI FREDOL (1309-1322)

Il nome esatto di questo vescovo è difficile stabilirlo. Il duca di York lo chiama Stedelli. Il Grandi, l’Ughelli, l’Orioli e Biasotti-Tomassetti lo chiamano Berengario de Fredoli o Fredol detto Stadelli. Il cronista incognito lo chiama Fedo ed il Moroni Berengario (seniore) Fredoli o Fredol, che qualcuno chiama Stadelli. Anche l’Enc. Cattolica lo chiama Berengario di Fredol. Tutto sommato il cognome dovrebbe essere Fridola o italianizzato in Fredoli. Nacque nel 1250 a Brenne, in Linguadoca, nel castello di Veruna, feudo familiare. Fu dapprima canonico di Besiers e di Aix, per passare poi arcidiacono di Narbona. Fu professore di legge all’università di Bologna e cappellano di Celestino V e suo vicario di Roma. Fu da Bonifacio VIII incaricato a compilare il sesto libro delle decretali, in quanto insegnante di legge a Bologna. Nel 1294 fu consacrato vescovo di Bézieres. Nel 1305 Clemente V, Papa francese, lo creò cardinale prete di S. Mereo e Achille, poi penitenziere maggiore; alla morte del Boccamazza fu insignito della sede vacante di Frascati (1309). Tre anni prima fu inviato a Filippo IV per la scelta di una località in cui Papa e Re si potessero incontrare e trattare i loro problemi. Come cardinale di Frascati partecipò a Vienna, nel 1311, al concilio generale, con l’imperatore Arrigo e circa 300 vescovi, per esaminare la condotta non molto ortodossa dei Templari, ai quali erano stati attribuiti dei delitti. In effetti questa accusa fu montata in modo indegno da Filippo il Bello, al quale facevano gola le immense ricchezze degli appartenenti all’antico ordine cavalleresco. Aizzò il papa Clemente V, suo succube, il quale nel concilio di Vienna, contro il parere di molti, condannò i Templari come empi ed eretici, li soppresse e passò i loro beni agli ospedalieri: sul rogo furono trascinati con il Gran Maestro dell’Ordine più di cinquanta cavalieri. Fu un episodio indegno. Nello stesso concilio si decise anche intorno alla famosa controversia dei Minori sulla povertà di Gesù Cristo. Contese a Giovanni XXII (1316-34) la sede papale. Il Ciacconio nella sua opera enumera i testi di diritto canonico scritti da Berengario. Questo cardinale, nonostante la sua cultura, credeva ai malefici. Egli emise la sentenza contro il vescovo di Cahors, Ugo Giraud, accusato di voler togliere la vita a Giovanni XXII per mezzo della fattura e del malocchio. Berengario nella sentenza emessa il 4-5-1317, condannò Ugo Giraud alla pubblica degradazione e all’ergastolo a vita. Disgrazia volle che il nipote del Papa, card. Voye, morisse subito dopo emanata la sentenza e questa morte venne attribuita ai misteriosi riti praticati dal Giraud. Lo Stedelli credette ciecamente a tutto ciò e rimise nelle mani della giustizia il colpevole, che subì una sorte tutt’altro che edificante; attaccato alla coda di un bue fu trascinato fino al patibolo; fu decapitato e le sue membra furono bruciate. Morì ad Avignone nel 1320 o 1322 come sostiene il card. Duca di York. Il Moroni lo dice morto nel 1323 e dello stesso avviso e l’Enc. Cattolica che del de Fredal dice che fu collaboratore di Bonifacio VIII nella compilazione del «Liber sextus decretalium».