MARIANO PIERBENEDETTI (1608-1611)

Nacque a Camerino (il Moroni dice a Sarnano) nel 1538 da nobile famiglia. Ben dotato delle migliori qualità, ebbe un temperamento focoso, vanitoso e bizzarro tanto da sfociare nel libertinaggio. Recatesi dallo zio Mariani in Roma, per caso udì predicare un insigne oratore, Gabriele Fiamma. Ne restò colpito, cambiò il suo modo di agire e poco dopo si dette con zelo allo stato ecclesiastico. Da Gregorio XIII (1572-85) suo zio, ottenne vari benefici. Nel 1574 si laureò in dottrine ecclesiastiche. Fu canonico di S. Angelo in Pescaria e poi passò in Calabria come vescovo di Martorano. Giunto alla sua chiesa, volle spiegare egli stesso il Vangelo al popolo. Visitò la diocesi, corresse gli abusi, elargì ai poveri, fondò nuove chiese e ornò le antiche. Si guadagnò la stima dello stesso vicerè. Fece egregiamente la visita alle chiese della Calabria. La sua amicizia con il card. Peretti, divenuto ormai Sisto V, (1585-90) fu causa della sua venuta a Roma nel 1585 e gli venne affidato il governo della Dominante con il compito di liberarla dai briganti. Operò rapidamente, con criterio ma anche con inflessibilità, tanto che il Papa lo creò cardinale prete dei SS. Marcellino e Pietro nel 1589. I Papi successivi, compreso Paolo IV (1605-21), si servirono della sua opera e gli affidarono incarichi delicati, che egli portò a termine con abilità. Ebbe varie presidenze, prefetture e protettorie. Nel 1608 Paolo V lo passò alla sede di Frascati. Uno dei meriti principali di questo cardinale vescovo fu quello di condurre a termine la nuova cattedrale di Frascati. Egli l’aveva presa a cuore fin dai primi giorni di suo possesso episcopale. Il giorno 8 novembre 1608 convocò un’assemblea straordinaria della Comunità frascatana e la invitò a deliberare sulla necessità di coprire la chiesa con il tetto, al fine di renderla officiabile. Il risultato fu di 19 sì e 4 no. Nonostante, con questa votazione frascatana, il cardinale avesse amplissima autorità di manovra, volle pure assicurarsi subito anche i fondi per poter completare l’opera di costruzione e pertanto presentò all’approvazione dell’assemblea il pagamento della tassa di un bajocco per ogni «fojetta» venduta alla «fraschetta» e anche sul vino venduto agli osti di Roma. L’assemblea fu favorevole all’unanimità. Occorreva il benestare del Papa, che lo concesse, come concesse al Pierbenedetti l’autorizzazione a chiedere alle banche un mutuo di 8.000 scudi, al fine di non gravare tanto la Comunità con le tasse. Sia il prestito che gli interessi sarebbero stati pagati con la vendita delle terre in località S. Marco e della Sterpara. Gli 8.000 scudi, però, dovevano servire per lavori di pubblica utilità. Si stette veramente attenti a spendere il centesimo, tanto che constatò che il trasporto della pietra veniva a costare il doppio della pietra stessa. Si propose che nei giorni festivi, subito dopo aver ascoltato la S. Messa, tutti i possessori di bestie da soma, di carretti, barozze ecc. nessuno escluso, andassero a caricare la pietra ad Ariccia, gratuitamente. Fu anche proposto di liquidare subito i lavoranti in servizio e considerare se fosse il caso di riprenderli a lavorare o trovare bravi operai, ma a minor costo. Tutte e due le proposte furono accettate. Da questo modo di procedere si potrebbe pensare che il Pierbenedetti fosse antidemocratico, forcaiolo, sfruttatore, affamatore dei lavoratori, ma basterà tener presente che il risparmio non andava a finire nelle sue tasche, ma serviva a far pagare, meno tasse alla cittadinanza e quindi ad alleggerire di molto la pressione fiscale e nello stesso tempo avere una nuova cattedrale finita al minor costo possibile. Infatti il 29-6-1610 si iniziò ad officiarla. Il Grandi scrive che essa venne dedicata al sommo «Galileo». Per concessione di Paolo V (1605-21) nella nuova cattedrale vennero trasferite tutte le prerogative della vecchia cattedrale. Data la sua veneranda età, il card. Pierbenedetti non potè partecipare alla funzione del 28 o 29 giugno e alla consacrazione della nuova cattedrale delegando all’uopo il vescovo di Pelusia, mons. Francesco Persico. Nella realizzazione della chiesa dei Frati il Pierbenedetti ebbe buona parte. A lui spettava il diritto di concedere il benestare per la costruzione della chiesa e del convento dei frati, voluto fortemente dal card. Pompeo Arrigoni, che possedeva una villa a Frascati, l’attuale Villa Muti. Per facilitare le cose, il cardinale incaricò l’arciprete della cattedrale di Frascati, Don Fabio Ceci (1608-31) di guidare i 3 frati, che l’ordine francescano dei minori aveva incaricato proprio per la scelta del luogo ove far sorgere chiesa e convento. Avvenuta la scelta, il Pierbenedetti fece acquistare la terra dal nipote di Sisto V (1585-90), il cardinal Alessandro Peretti. Poi in attesa che fosse costruito, il cardinale fece concedere dalla confraternita del Gonfalone alcuni locali per accogliere i padri minori. Era di natura piuttosto iracondo, tanto che conversare con lui diventava una cosa difficile. Nonostante questo difetto, godeva della stima di molti, tanto che alla sua morte fu rimpianto sia per la nobiltà dei sentimenti, sia per la sua cultura in molte discipline ed infine perché non era capace di portare rancore. Il 28-10-1610 il Pierbenedetti mise mano alla costruzione della chiesa dei Frati minori mettendo la prima pietra, benedetta da Paolo V, il 6 giugno 1610. Celebrò la funzione con la quale fu issata, davanti al convento, la croce, che Religiosi, notabili, confraternite, popolo avevano portato processionalmente. Per dono personale il cardinale fece costruire a sue spese il coro. L’8 febbraio del 1610 fece la sua visita pastorale per la diocesi. Per la prima volta sono riportati i numeri dei comunicati, a chi apparteneva il diritto di proprietà dei centri diocesani visitati. Stranamente la vecchia cattedrale era da tutti riportata come cattedrale della Madonna del Vivaro. Il Capitolo della cattedrale di Frascati si componeva di un arciprete, 4 diaconi e due beneficiati semplici. L’organo esisteva. Erano state appianate le controversie per la nuova cattedrale in costruzione e di prossima utilizzazione. In quaresima e in avvento c’era stata sempre la presenza di predicatori a diffondere la parola di Dio. Le case religiose presenti erano i Cappuccini, i Gesuiti, i Francescani osservanti e i Mercedari. La confraternita di S. Gregorio provvedeva con le elemosine all’esistenza di un orfanotrofio ove si impartivano le prime nozioni di grammatica e buone maniere. Le altre confraternite erano le stesse citate nelle precedenti visite pastorali con l’aggiunta di quella di S. Gregorio. L’ospedale esistente, fuori le mura della città, era retto dalla confraternita del Gonfalone, che lo mandava avanti con le elemosine raccolte. Vi si accoglievano infermi e pellegrini. I più gravi, però, erano inviati a Roma. Agiva il Monte di Pietà. Abitanti erano 2.500, comunicati 1.500. La città era proprietà della Camera apostolica. Rocca di Papa: anime 1.200; chiesa parrocchiale di S. Maria; reddito unificato parrocchiale di scudi 30, scaturito dalla chiesa di S. Pietro, da quella di S. Maria del Tufo e di quella di S. Sebastiano; esisteva il fonte battesimale e sufficienti arredi sacri e paramenti per il culto; unica confraternita quella del S. Sacramento. Rocca Priora: anime 580; la chiesa parrocchiale era quella intitolata a S. Maria; esisteva il fonte battesimale e anche sufficienti arredi e paramenti. Montecompatri: anime 950; chiesa parrocchiale intitolata a S. Maria con fonte battesimale e arredi e paramenti a sufficienza; case religiose: Carmelitani a S. Silvestro, Camaldolesi sotto Tuscolo; unica confraternita quella del S.mo Sacramento. Colonna: anime 250; chiesa intitolata a S. Nicola con fonte battesimale e sufficienti arredi e paramenti; unica confraternita S.mo Sacramento. Monteporzio: chiesa parrocchiale quella intitolata a S. Gregorio o S. Maria con 286 anime, con fonte battesimale e sufficienti arredi e paramenti; unica confraternita quella del S.mo Sacramento. Ovunque il cardinale aveva amministrato le cresime, aveva predicato la parola di Dio, incitando al culto e alle opere Pie. Morì nel 1611. Sul suo sepolcro nella basilica Liberiana fu scritto: MARIANO PIERBENEDETTI S.R.E CARDINALI DE CAMERINO EPISCOPO TUSCOLANO… Esiste in cattedrale un suo dono di valore artistico: una cassettina d’argento per gli oli santi. Sul coperchio il grifone, suo stemma, e ai lati le sue iniziali.